
Montecitorio, mattino di ottobre, Pier Ferdinando Casini ha appena riunito deputati e senatori dell’Udc, li abbraccia con lo sguardo, alcuni sono i suoi uomini, li ha scelti lui, altri se li è un po’ trovati in casa secondo le logiche sedimentate di quel partito in franchising che è sempre stato l’Udc: il padrone dello scudo crociato sta a Roma e presta il suo volto rassicurante, ma le truppe e i voti che si condensano attorno a quel simbolo e a quel volto sono sempre appartenuti ai grandi viceré della periferia.
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